
“Insieme contro la violenza”: da Rosolini il messaggio alle donne arriva dal Cineteatro Santa Caterina
Una mobilitazione di sensibilità civica senza precedenti, promossa da ben nove realtà del territorio, ha illuminato il dramma della violenza di genere a Rosolini, con l’evento dal titolo “Insieme contro la violenza sulle donne” che si è tenuto al Cineteatro Santa Caterina.
A farsi promotori di questo appuntamento sono state le associazioni Club Famiglie (presidente Maria Di Martino), Centro Cultura Poesia e Arte (presidente Giuseppina Spadola), Archeoclub (presidente Giuseppina Milceri), Comitato Civico Codice Rosso (presidente Aurora Cataudella), Soroptimist (presidente Cinzia Spadola), Cultura Dintorni (presidente Corrado Calvo), Unitre (presidente Nino Cavallo) e Fidapa (presidente Santina Buffa), in collaborazione con l’Amministrazione Comunale.
A moderare l’evento, l’avvocato Aurora Cataudella, che ha accompagnato gli interventi della psicoterapeuta Maria Alecci, dell’avvocato Marco Lorefice, dell’assistente sociale Santina Amato, del medico di famiglia Francesca Micieli e della giornalista Enrica Odierna.

“Siamo qui tutti insieme – ha esordito Maria Di Martino – per dare voce a quelle donne che non hanno voce, che hanno paura, che subiscono violenza in silenzio. Non si devono nascondere, non devono subire, ma trovare la forza di denunciare nelle sedi competenti”.
A partecipare all’incontro, oltre a numerosi cittadini, l’assessore Rosy Gradante, la vicepresidente del consiglio comunale Concetta Cavallo, Don Salvatore Cerruto, che ha messo a disposizione i locali, e la caserma dei Carabinieri di Rosolini con il comandante Paolo Amore. Durante il suo saluto istituzionale, Concetta Cavallo ha sottolineato la necessità di unione e reazione di fronte alla violenza: “Non dobbiamo girare le spalle o i tacchi e andarcene, ma reagire”, ricordando l’importanza di denunciare sempre gli abusi e di non chiudere gli occhi.
Tra i vari interventi un momento è stato dedicato a uno sketch teatrale “Donne vittime di violenza”, scritto e diretto da Giusi Spadola Incatasciato e interpretato dalla stessa e da Mariella Celeste.

L’avvocato Aurora Cataudella, presidente del Comitato Civico Codice Rosso, è salita sul palco non solo come legale, ma come trait d’union di tutte le forze in campo, portando subito la discussione sul piano simbolico e della memoria. “85 sono le vittime di femminicidio del 2025″ ha dichiarato, “un dato crudo che funge da macigno sulla coscienza collettiva. La scenografia di oggi è rappresentata da 12 candele, una per ciascun mese dell’anno, affinché si ribadisca che le donne vittime di violenza non vanno ricordate solo a novembre”. Al centro della scena, una sola scarpetta rossa che, ha concluso Cataudella, “rappresenta il percorso interrotto, ahimè, di una donna”.
La psicoterapeuta Maria Alecci ha spiegato il subdolo meccanismo che imprigiona le donne, rendendo la violenza una “consuetudine” accettata. Attraverso l’analogia della “rana bollita”, ha descritto come l’escalation lenta e progressiva impedisca la reazione: “Dobbiamo evitare di fare la fine della rana bollita”. La psicologa ha poi specificato che la violenza verbale e psicologica è “la più pericolosa di tutte” e che i colpi inferti alla psiche “non spariscono mai”. “Una donna che si ama abbastanza, una donna che conosce il suo valore”, ha concluso, “riconosce una relazione tossica. Se non si sente riconosciuta nelle proprie capacità, perdendo la fiducia in sé stessa, è molto più facile che una relazione diventi tossica”.
Sull’aspetto legale, l’avvocato Marco Lorefice ha illustrato i vantaggi procedurali del Codice Rosso, che garantisce un “canale preferenziale più veloce“, simile a quello attivo negli ospedali. Ma la chiave per incoraggiare la denuncia, come ha spiegato Lorefice, è la garanzia dell’assistenza legale gratuita: “Il compenso del legale non lo paga la donna vittima di violenza, bensì lo Stato. Questo perché molte volte si ha paura anche a denunciare. Le donne si chiedono: come posso denunciare se poi devo pagare il legale?”. L’avvocato ha anche lanciato un severo monito ai giovani sul revenge porn, reato grave punito con la reclusione fino a sei anni.
Il dramma del silenzio è stato quantificato da Santina Amato, assistente sociale del Comune di Rosolini, che ha definito i servizi sociali la “cabina di regia dell’aiuto”. Amato ha rivelato un dato drammatico sul ritardo con cui le vittime riescono a maturare la consapevolezza: “La donna, prima di diventare consapevole, subisce violenza per almeno sette anni, a volte anche di più. Prima non riesce a chiedere aiuto”. E ha aggiunto: “I servizi sociali offrono supporti economici cruciali, come il Reddito di Libertà, per permettere alle donne di ricominciare. Invito sempre le donne a contattarci: non siamo nemici, possiamo fornire supporto, ascolto o anche solo consigli per aiutare a riconoscere la violenza”.
La dottoressa Francesca Micieli ha sottolineato il ruolo del medico come “sentinella sociale”, smontando lo stereotipo della vittima indigente. La violenza colpisce anche donne realizzate e indipendenti: “Chi subisce violenza oggi è anche la professionista, il medico, l’insegnante, l’avvocato. È quella donna che si sta affermando e che magari ha accanto un uomo invidioso dei suoi successi“. Micieli ha raccontato come “spesso le donne vittime di violenza si presentano nello studio medico accompagnate dal maltrattante, quasi mai da sole. Arrivano con ferite sospette, giustificate con frasi come “sono caduta””. In questi casi, ha spiegato, “spetta al medico agganciare il dramma, cercare di far tornare la donna da sola o spingerla a contattare qualcuno per chiedere aiuto. Andare dal medico è infatti percepito dal maltrattante come un gesto “normale”, meno minaccioso rispetto a recarsi dai Carabinieri o dai servizi sociali. La donna può quindi sfruttare la visita medica come occasione per cercare supporto”.
La giornalista Enrica Odierna ha concluso il ciclo degli interventi sottolineando come in Italia si tenda a contare quasi esclusivamente le donne uccise, senza monitorare sistematicamente l’intero fenomeno della violenza: tutto ciò che accade prima del femminicidio rimane in larga parte invisibile. Da tre anni, però, la cronista con il Corriere Elorino, prova a fare chiarezza “in piccolo”, raccogliendo, grazie alla collaborazione con la Procura di Siracusa, i dati specifici di Rosolini. Li ha definiti numeri preziosi, perché mostrano ciò che il resto del Paese non registra ancora: 65 procedimenti penali nel 2024, 43 già nel 2025, quando l’anno non è nemmeno concluso. “Forse, da questo punto di vista, siamo persino più avanti dell’Italia”, ha osservato Odierna. “Mentre il Paese si limita a contare i morti, Rosolini almeno conta i procedimenti, le storie, i contesti, le vite che cercano di uscire dalla violenza prima che sia troppo tardi”.







