
Contrada Granelli, dal “miracolo” dell’acqua potabile… all’acqua salata
Dal Corriere Elorino cartaceo del mese di aprile
Il processo d’appello iniziato il 27 marzo scorso relativo alla presunta adulterazione delle acque nel consorzio Granelli, che ha visto in primo grado la condanna dell’ex deputato regionale Giuseppe “Pippo” Gennuso a 5 anni e 8 mesi di reclusione e di Walter Pennavaria a 4 anni e 6 mesi, si arricchisce di un nuovo capitolo. Gli avvocati di Gennuso, Maria Donata Licata e Pietro Nicola Granata, hanno infatti richiesto alla Corte d’Appello la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, focalizzandosi sulla necessità di verificare attraverso una perizia l’effettivo collegamento tra il prolungamento della rete idrica del Comune di Ispica costruita nel 2008 dal Consorzio Granelli e la tubatura annessa al pozzo sito in un terreno di contrada Chiappa, nel territorio di Pachino, di proprietà della famiglia Gennuso.
Ma per capire meglio tutta la vicenda è necessario fare alcuni passi indietro.
Il sogno dell’acqua potabile
Nel 2007 i residenti delle contrade marinare di Pachino accolsero con favore la costituzione del Consorzio Granelli, con l’obiettivo di connettere le proprie abitazioni alla rete idrica del Comune di Ispica. Prima di allora, l’approvvigionamento idrico avveniva tramite autocisterne. La realizzazione della nuova rete idrica, promossa da Pippo Gennuso in qualità di deputato regionale, fu un successo. Nel 2009 il Consorzio realizzò la nuova rete idrica e ad aderire, fino al 2015, furono ben 632 utenze di contrada Granelli, Chiappa e Costa Ambra. Tutte contrade in territorio di Pachino che, tramite la nuova rete idrica realizzata dal Consorzio, potevano finalmente attingere acqua potabile proveniente dalla rete idrica del Comune di Ispica. Era un sogno che si realizzava.
Il cambio societario
Nel corso degli anni si susseguirono anche cambiamenti nella gestione del servizio idrico. Alla fine del 2013, la gestione passò infatti dal Consorzio Granelli, presieduto da Walter Pennavaria, a Gestione Granelli Acquedotto. In quest’ultima, Pennavaria non figurava ufficialmente, ma secondo quanto emerso, manteneva un ruolo di fatto così come l’ex deputato regionale Pippo Gennuso. L’amministratore di Gestione Granelli Acquedotto risultava essere il figlio di Pippo Gennuso, l’attuale deputato regionale Riccardo Gennuso.
Il pozzo in contrada Chiappa
Nel gennaio del 2013, però, la Commerciale Siderurgica (di cui era rappresentante legale la moglie di Gennuso) stipula un preliminare di vendita per l’acquisto di un terreno in contrada Chiappa in cui era presente un pozzo trivellato. Le indagini hanno puntato a costatare che dal 2013 l’acqua immessa nella rete idrica del Comune di Ispica veniva mescolata o proveniva interamente da tale pozzo. La Commerciale Siderurgica acquistava anche un appezzamento di terreno vicino, dove venivano installate apparecchiature necessarie al fine di operare a distanza e, successivamente, anche un depuratore che però non entrò mai in funzione perchè tutti gli impianti furono sequestrati nel 2015. Nel pozzo veniva installata una pompa di rilancio da 30 cavalli. L’utenza elettrica fu attivata l’11 aprile 2013 con intestatario il Consorzio Granelli, nella persona del presidente Walter Pennavaria che rimase intestatario anche quando tutti gli impianti, dal dicembre 2013, furono gestiti dalla Gestione Granelli Acquedotto.
Dopo l’acquisto del pozzo iniziarono i primi disservizi e gli esposti. Il primo esposto, dal quale tutta l’inchiesta trae origine, fu presentato il 13 agosto 2015 da tre residenti di contrada Granelli.
Fino a quel momento, infatti, la qualità dell’acqua fu giudicata ottima, ma nel triennio 2013-2015 si verificò un drastico peggioramento, con l’acqua che divenne “salata”. Dalle analisi dei campioni d’acqua effettuate nel pozzo di contrada Chiappa, risultava la presenza di escherichia coli, enterococchi e streptococchi (indicatori di contaminazione fecale), nonché sodio, nitrati e cloruri in quantità molto superiore ai minimi stabiliti. Fu per questo che Gennuso e Pennavaria decisero di installare un depuratore che però non entrò mai in funzione.
Il Nictas e i consulenti del P.M.
La sentenza di primo grado non sembra lasciare dubbi sull’esistenza di una rete idrica secondaria collegata all’acquedotto del Comune di Ispica. Questa tesi sarebbe stata confermata da numerose testimonianze, tra cui quelle di due tecnici del Comune di Ispica, del tecnico incaricato della realizzazione di un impianto di depurazione, dal tecnico del Nictas (Nucleo Investigativo Centrale Tutela e Sicurezza Agroalimentare) Maurizio Messina, e dai consulenti nominati dal Pubblico Ministero, l’ingegner Antonino Di Guardo e Domenico Sole Greco, autore della relazione tecnica idraulica. A seguito di diversi sopralluoghi in cui venivano seguite le tubazioni (il 29 maggio e il 12 ottobre 2015) questi ultimi concludevano che la conduttura proveniente dal pozzo di contrada Chiappa si congiungeva con un innesto a “T” alla conduttura proveniente dal Comune di Ispica. “È ragionevole ritenere -scrivono i consulenti- che i due fluidi, ovvero l’acqua proveniente dall’acquedotto di Ispica e l’acqua proveniente dall’impianto di Contrada Chiappa (Pachino), siano venuti a contatto producendo, di conseguenza, la commistione degli stessi”. Le indagini del Nictas si concentravano anche sull’assetto societario, sulle utenze elettriche e sui conti bancari del Consorzio Granelli e della Granelli Gestione Acquedotto dove si evince la funzione centrale svolta nella gestione da Pennavaria e Pippo Gennuso.
Le intercettazioni
Un ulteriore elemento probatorio citato nella sentenza di primo grado che confermerebbe l’utilizzo del pozzo di contrada Chiappa come fonte per servire la rete idrica è rappresentato da numerose intercettazioni telefoniche, alcune delle quali intercorse tra Gennuso e Pennavaria. Da queste conversazioni emergono preoccupazioni in merito ai controlli e alle richieste di documentazione da parte del Nictas e dei consulenti del PM in data 12 ottobre 2015. In una conversazione, Gennuso suggerisce a Pennavaria di mostrare il contratto con il Comune di Ispica e di indicare che, in caso di carenza idrica, si attingeva dal pozzo, minimizzando l’esistenza di problematiche. “Noi abbiamo due fonti, una qui al depuratore… …e abbiamo poi l’altra situazione della fornitura del Comune di Ispica, per acqua potabile. Noi forniamo acqua per uso domestico, chiuso! Scrivete quello che volete. Li puoi trattare anche con i piedi”. Ed ancora Pennavaria a Gennuso: “Questi qui sono funzionari del Nictis e hanno avuto l’esposto devono controllare l’acqua… Vogliono sapere se le acque vengono mischiate a quelle di Ispica con questa qua, vogliono sapere tante cose”. E Gennuso rispondeva: “Va bene, intanto digli che intanto quando l’impianto non funziona acqua non ce ne… non ne scende. La cosa importante -gli devi dire- che quando l’impianto si blocca, allora si blocca anche la conduttura”.
Sono solo alcune delle conversazioni con le quali, per gli inquirenti, viene superato ogni dubbio in ordine al fatto che si facesse riferimento ad una rete idrica di approvvigionamento ulteriore rispetto a quella del Comune di Ispica.
I tecnici del Comune di Ispica
Il 5 ottobre 2015 furono i tecnici del Comune di Ispica Puglisi e Caschetto ad effettuare un sopralluogo alla presenza di Pennavaria e Gennuso. Il Comune ispicese, infatti, aveva notato una drastica diminuzione dei consumi di acqua nei periodi estivi. I tecnici ispicesi notavano che nonostante la saracinesca dell’impianto idrico del Comune di Ispica fosse aperta e funzionante, il contatore intestato al Consorzio Granelli non registrava nessun consumo e in alcuni periodi il contatore misurava addirittura in negativo.
È stata in quella circostanza che i tecnici apprendevano da Gennuso e Pennavaria che contrada Granelli fosse servita da un’ulteriore fonte di approvvigionamento idrico, le cui acque verosimilmente si immettevano nella stessa rete idrica servita dal Comune di Ispica. A quel punto Gennuso e Pennavaria contattavano telefonicamente un loro addetto chiedendo di chiudere la valvola pertinente all’ulteriore fonte di approvvigionamento idrico che conduceva l’acqua a contrada Granelli. A seguito della chiusura della valvola, dopo 15 minuti, il contatore riferibile all’utenza intestata al Consorzio Granelli riprendeva a funzionare regolarmente registrando i consumi della fornitura idrica, tanto che veniva accertata la regolarità del servizio di fornitura da parte del Comune di Ispica. I due tecnici invitavano a procedere con urgenza all’installazione di una valvola di ritegno (o di non ritorno), che impedisse ogni forma di interfaccia tra l’acqua erogata da contrada Chiappa e quella del Comune di Ispica. Gennuso e Pennavaria si facevano carico di adempiere a quanto richiesto.
La circostanza che il contatore della rete idrica del Comune di Ispica intestato al Consorzio Granelli misurava in negativo veniva attribuita alla potenza della pompa di rilancio istallata nel pozzo di contrada Chiappa del quale si è avuto riscontro anche da alcune intercettazioni telefoniche tra gli operai del Consorzio Granelli. “Lo sai che mi ha detto l’onorevole? Chi minchia ve l’ha detto di aprire la pompa di rilancio? Chi minchia ve l’ha detto?… L’acqua a Ispica viene… Siamo noi che gliela spingevamo indietro”.
Le intercettazioni riguardano anche conversazioni telefoniche tra Walter Pennavaria e Loredana Armeri (che svolgeva attività lavorativa presso la sede del Consorzio) in cui emergono preoccupazioni per l’assenza delle autorizzazioni da parte del Genio Civile e la mancanza di un titolo giuridico tra la società proprietaria del pozzo di contrada Chiappa e il Consorzio stesso, impianto che come accertato dall’agente di Polizia Municipale di Pachino, Nicola Campo, non aveva alcuna autorizzazione. E poi sui disservizi registrati nel periodo dell’ottobre 2015 la Armeri chiedeva a Pennavaria “per quanto riguarda Granelli, stanno chiamando, dice che sono senza… che cosa gli dobbiamo dire, sempre il fatto del Comune di Ispica?”.
Acqua per uso domestico
Gli utenti avevano stipulato con il Consorzio Granelli un contratto per la fornitura di acqua “per uso domestico” proveniente dalla rete idrica del Comune di Ispica con la precisazione, sotto la voce regolamento, per cui “la fornitura dell’acqua sarà fatta in base alle norme contenute nel regolamento per la distribuzione di acqua potabile approvato con deliberazione dell’assemblea consortile del 31 marzo 2009”.
Secondo il decreto legislativo 31/2001 l’acqua per uso domestico, o acqua potabile, va più correttamente ricomprese nella definizione di acqua per uso umano.
Come detto a partire dal 2013, gli utenti delle contrade pachinesi notarono il peggioramento della qualità dell’acqua fino a diventare salata. Le bollette, però nel 2014 e 2015, si aggiravano a 700-800 euro l’anno. Ci furono varie riunioni tra i residenti per lamentare il peggioramento dell’acqua, tutte dichiarazioni rese in tribunale da varie testimonianze. A fronte delle censure mosse da una degli utenti chiamata a testimoniare, Gennuso rispondeva che il contratto prevedeva la fornitura di “acqua per uso domestico non potabile” e, rivolgendosi alla sua interlocutrice, le diceva di “non essere in grado di leggere”.
Gli utenti, però, come scritto nel verbale dell’udienza del 3 dicembre 2020 “non avevano bisogno di altro tipo di acqua, solo potabile, da bere, per cucinare, perché l’acqua del pozzo l’avevano già, non avrebbe avuto senso fare un contratto diverso”.
Il Colorante rosso
Già durante il processo di primo grado, il consulente tecnico nominato da Gennuso e Pennavaria, l’ingegner Riccardo Messina, aveva depositato una relazione a seguito di un sopralluogo effettuato nel marzo del 2016 in cui si sottolineava l’inesistenza di un collegamento diretto tra la rete idraulica e il pozzo di contrada Chiappa, ad eccezione di una diramazione a “V” destinata a servire altre zone. Come ulteriore accertamento, era stata proposta l’immissione di un “colorante rosso” dall’impianto di contrada Chiappa per verificare, tramite l’apertura dei rubinetti degli utenti, l’eventuale presenza del tracciante. Tale verifica non fu mai effettuata poiché il pozzo di contrada Chiappa e tutti gli impianti erano stati posti già sotto sequestro nel 2015.
Stante che, come accertato dai tecnici, il progetto di realizzazione dell’acquedotto proveniente da Ispica non prevedeva alcuna biforcazione a “V”, contrariamente a quanto sostenuto dal consulente di Gennuso e Pennavaria.
“L’ing. Riccardo Messina -si legge nella sentenza di primo grado-, non forniva una spiegazione tecnica alternativa idonea a confutare le conclusioni a cui erano giunti i consulenti del P.M., ma si limitava ad affermare che lo strumento che in via generale viene utilizzato per verificare la commistione tra i liquidi, ovvero l’emissione del colorante nelle tubature, non veniva utilizzato nel caso in esame”.
La difesa in appello
Gli avvocati della difesa ora puntano a smontare la ricostruzione accusatoria attraverso una nuova perizia. Il tribunale di primo grado sarebbe giunto a “conclusioni frettolose” e come riferito dalla relazione del consulente di parte ingegnere Riccardo Messina del marzo 2016, “non esiste alcun collegamento con il pozzo sito in contrada Chiappa”. Una connessione che quindi per gli avvocati di Gennuso rimane “ipotetica” e “intuitiva”. Gli avvocati chiedono inoltre l’inutilizzabilità delle intercettazioni in quanto autorizzate per un reato diverso.
Il reato di frode nel commercio, per il quale era stata autorizzata l’attività di intercettazione, infatti, era stato assorbito dal reato di truffa, ritenuto strettamente connesso anche con il reato di adulterazione delle acque.
I due imputati Gennuso e Pennavaria, in sede di dichiarazioni spontaneee hanno sempre dichiarato di non aver rifornito acqua adulterata alle contrade pachinesi.
In via subordinata gli avvocati di Gennuso chiedono la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 452 co. 2 c.p. “ascrivendosi le condotte imputate, piuttosto che ad una consapevole volontà di adulterazione e corrompimento dell’acqua destinata ad usi domestici” ad un “atteggiamento imprudente e imperito che avrebbe indotto l’imputato a sottovalutare le problematiche inerenti alla qualità dell’acqua attinta in contrada Chiappa”.
Il processo di appello è stato rinviato al 25 settembre. Le parti civili sono rappresentate dagli avvocati Sandra Dell’Ali e Giovanni Giuca.