
Il presidente del CNDDU Romano Pesavento: “I fatti di Pachino devono entrare nelle aule scolastiche”
Pubblichiamo integralmente la riflessione del prof. Romano Pesavento, Presidente del CNDDU (Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina “Diritti Umani”). La riflessione non si limita alla denuncia: è un invito urgente a ripensare il ruolo della scuola come presidio culturale, luogo di formazione delle coscienze e fucina della legalità.
“Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime profondo sgomento e ferma condanna per i gravissimi fatti accaduti nel comune di Pachino (SR), dove anziani e persone con disabilità psichica sono stati oggetto di maltrattamenti fisici e psicologici, segregazione e abusi sistematici da parte del personale di due strutture socio-sanitarie. La notizia, emersa grazie a coraggiose segnalazioni di cittadini, rappresenta una ferita aperta nel tessuto civile del nostro Paese e impone una riflessione urgente e profonda, non solo sul sistema di assistenza e controllo, ma anche sul senso di responsabilità etica e culturale che ognuno di noi, come cittadino, educatore, istituzione, è chiamato ad assumersi.
La scuola, in particolare, non può restare estranea a questa vicenda. I valori traditi a Pachino, dignità, cura, legalità, solidarietà, sono gli stessi che l’istituzione scolastica è chiamata quotidianamente a trasmettere, promuovere e difendere. Quando la cultura dei diritti umani non viene interiorizzata, ma si limita a essere un contenuto tra tanti, si crea un pericoloso scollamento tra i principi formali e la realtà. È in questo scarto che si insinua l’indifferenza, e con essa la possibilità che la violenza venga normalizzata, ignorata o addirittura giustificata.
I fatti di Pachino devono entrare nelle aule. Non come oggetto morboso di cronaca, ma come occasione educativa per interrogarsi sul senso profondo della cittadinanza, sul valore della fragilità e sull’urgenza di costruire una società più giusta. Il rispetto per la persona, chiunque essa sia, in qualsiasi condizione si trovi, deve diventare un orizzonte culturale condiviso, non un gesto caritatevole o un dovere delegato alle strutture assistenziali. È nella scuola che si formano le coscienze future, è lì che si pongono le basi per una cultura della legalità autentica, che non si esaurisca nella conoscenza delle norme ma si traduca in comportamenti quotidiani di attenzione, rispetto, responsabilità.
Dal punto di vista sociologico, la vicenda pachinese denuncia un modello sociale che tende a marginalizzare chi è ritenuto “improduttivo” o “debole”, trasformando la cura in una prestazione tecnica e la persona fragile in un peso da gestire. In questo contesto, l’educazione civica assume un ruolo ancora più centrale: deve farsi leva di cambiamento culturale, ponte tra i principi costituzionali e la vita reale. Parlare di diritti umani nelle scuole non può limitarsi a un esercizio teorico: deve diventare pratica educativa viva, che spinga a riconoscere il volto dell’altro, a indignarsi di fronte all’ingiustizia, a coltivare la responsabilità verso il bene comune.
È necessario, inoltre, che i percorsi scolastici si aprano a collaborazioni con realtà del territorio, associazioni, case di cura, enti locali, affinché gli studenti possano toccare con mano il valore della solidarietà intergenerazionale, conoscere il mondo della disabilità e dell’assistenza, e comprendere che la cittadinanza attiva inizia nel concreto, nell’imparare ad ascoltare e prendersi cura.
Il CNDDU ritiene che solo attraverso una scuola profondamente impegnata nella promozione della cultura dei diritti, solo attraverso docenti che sappiano educare al rispetto dell’umano in tutte le sue forme, sarà possibile prevenire il ripetersi di simili tragedie. Quello che è accaduto a Pachino non può essere letto solo come un fallimento individuale o istituzionale, ma come il sintomo di una mancanza diffusa di cultura della cura. Una cultura che deve essere ricostruita, giorno dopo giorno, a partire dai banchi di scuola.
La memoria delle vittime, perché tali sono, anche se sopravvissute, ci impone questo impegno. Restituire dignità a chi è stato umiliato significa assumersi la responsabilità di educare a non voltarsi dall’altra parte. Significa riconoscere, in ogni fragilità, un diritto. E in ogni studente, una coscienza in formazione che può, e deve, diventare presidio attivo di umanità.
Prof. Romano Pesavento, presidente CNDDU