“Perché l’evasore non ha paura delle manette?” (analisi del Dott. Carmelo Blancato)

“Perché l’evasore non ha paura delle manette?” (analisi del Dott. Carmelo Blancato)

Perché l’evasore non teme le manette? L’analisi del Dott. Carmelo Blancato, commercialista e amministratore giudiziario.

In materia di sequestro e confisca penale, necessita focalizzare una particolare attenzione sulla confisca prevista per i reati tributari.

L’articolo 10 , comma 1 del D.Lgs 158/2015 ha inserito nel D.Lgs 74/2000 l’articolo 12 bis , con identica formulazione a quella dell’attuale articolo 322 ter del codice di procedura penale.

Esso così recita : “Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art.444 c.p.p. è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca dei di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto”.

Siamo, pertanto, in tema di Sequestro per equivalente!

Le questioni maggiormente controverse che riguardano la confisca per reati tributari attengono alla nozione di “profitto del reato” in relazione al nesso di derivazione che deve sussistere fra vantaggio ed illecito.

La Corte di cassazione ha stabilito una serie di principi sulla applicabilità della norma :

  • Il profitto deve consentire il rinvenimento di un incremento della situazione patrimoniale del suo beneficiario a seguito del reato ;
  • Il profitto , inteso come risparmio di spesa, può rilevare a condizione che anche nel caso di profitto/risparmio sia rinvenibile un risultato economico positivo concretamente determinato.

Da questi 2 “paletti” evidenziati dalla Corte, discende la reale difficoltà nella applicazione della norma.

Per essere più chiari ed empirici : Un imprenditore che non paga i contributi ai Suoi dipendenti per centinaia di migliaia di euro è certamente soggetto all’azione penale, ma necessita anche dimostrare il “Nesso di pertinenzialità” che deve intercorrere fra il bene ed il reato .

Questo delicato passaggio può causare la atrofizzazione e lo svanire del certosino lavoro della Gdf e degli Istituti previdenziali. Accade, difatti, che la tempistica del completamento del procedimento di accertamento, la elaborazione del Pvc, le accurate indagini finanziarie e la trasmissione degli atti alla Procura competente per territorio possano costituire un allungamento dei tempi che rischia di sfociare in “intervenuta prescrizione “quasi automatizzata, fra l’anno di competenza del rilievo penale e la fase successiva di indagine del Pubblico Ministero  e dei suoi collaboratori ( esperti e periti) .

La Cassazione S.U. , recependo i principi della Sentenza Gubert ( 31617/15), ha enunciato i seguenti principi di diritto :

  • Il Giudice , nel dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione può disporre, ai sensi del 240 c.p. ed ex 322 ter, la confisca a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna:
  • Il Giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, non può disporre, atteso il suo carattere afflittivo e sanzionatorio la confisca per equivalente delle cose che ne costituiscono il prezzo o il profitto.

Ancora una volta uno Stato eccessivamente garantista costituisce lo svilimento del certosino lavoro espletato per anni dalla Gdf e dagli organi inquirenti , il tutto ribaltato sui costi della Giustizia ed in nuove tasse sui cittadini onesti ! A volte la ricerca di Giustizia si trasforma in un boomerang finanziario per lo Stato. Una buona norma non trova la giusta efficacia, a causa del “Non Dialogo” fra le Istituzioni !

Carmelo Blancato

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