Mafia e virus nella relazione della Dia: “Doppia strategia per i clan”, a rischio amministrazioni, appalti e sanità

Mafia e virus nella relazione della Dia: “Doppia strategia per i clan”, a rischio amministrazioni, appalti e sanità

È stata pubblicata la nuova relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia. La Mafia e il virus, per la Dia, sono la “Doppia strategia dei clan”. Il welfare per i voti, i capitali per le aziende: così le mafie puntano ad arricchirsi col Covid.

La relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia inviata al Parlamento rilancia l’allarme per la fase post-lockdown. Il doppio rischio è che le organizzazioni criminali si faranno carico di fornire un “welfare alternativo” e dall’altro allargheranno il loro ruolo di “player affidabili ed efficaci” a livello globale, mettendo le mani anche su aziende di medie e grandi dimensioni.

Sotto attacco anche la pubblica amministrazione: dal 1991 non ci sono mai stati così tanti enti locali, per l’esattezza 51 (comprese aziende sanitarie provinciali),  sciolti per mafia, 12 in Sicilia: è esempio a noi vicino il Comune di Pachino (scorri per il focus della Dia sulla Provincia di Siracusa).  Diversi i settori a rischio indicati dalla Dia. Quello sanitario, innanzitutto, “appetibile” sia per le enormi risorse che saranno a disposizione sia per il controllo sociale che può garantire. Poi ci sono il turismo, la ristorazione e i servizi connessi alla persona, i più colpiti dal Covid, dove la “diffusa mancanza di liquidità espone molti commercianti all’usura”. E, ancora, i fondi che verranno stanziati per il potenziamento di opere e infrastrutture “anche digitali: la rete viaria, le opere di contenimento del rischio idrogeologico, le reti di collegamento telematico, le opere per la riconversione a una green economy, l’intero ciclo del cemento”.

La Dia ricorda anche che la semplificazione delle procedure di appalto “potrebbe favorire l’infiltrazione delle mafie negli apparati amministrativi”. Per questo suggerisce di replicare “il modello già positivamente sperimentato per il Ponte Morandi di Genova, dove si è raggiunta una perfetta sintesi tra efficacia delle procedure di monitoraggio antimafia e celerità nell’esecuzione dei lavori”, si legge nella relazione.

Nella relazione, la Dia ricorda anche le pene alternative al carcere disposte anche per alcuni mafiosi durante l’emergenza coronavirus: “Un vulnus al sistema antimafia”, scrive la Dia. L’uscita dei mafiosi, dicono gli investigatori, ha infatti “indubbi e negativi riflessi”: rappresenta l’occasione per “rinsaldare gli assetti criminali sul territorio”, può “portare alla pianificazione di nuove strategie affaristiche”, consentire ai capi più giovani di darsi alla latitanza e anche favorire le faide tra clan rivali. Ma soprattutto, sottolinea la Dia, “la scarcerazione di un mafioso, addirittura ergastolano, è avvertita dalla popolazione delle aree di riferimento come una cartina di tornasole, la riprova di un’incrostazione di secoli, diventata quasi un imprinting: quello secondo cui mentre la sentenza della mafia è certa e definitiva, quella dello Stato può essere provvisoria e a volte effimera“. Nel ‘paniere’ degli investimenti criminali, il gioco rappresenta uno strumento formidabile, prestandosi agevolmente al riciclaggio e garantendo alta redditività: dopo i traffici di stupefacenti è probabilmente il settore che assicura il più elevato ritorno dell’investimento iniziale, a fronte di una minore esposizione al rischio”. Camorra, ‘ndrangheta, mafia, criminalità pugliese: la ‘torta’ dei giochi (106 miliardi di euro nel 2018 le sole giocate legali) fa gola a tutte le organizzazioni e le inchieste registrano rapporti di “alleanza funzionale” tra differenti clan.

La relazione della Dia sulla Provincia di Siracusa 


“Gli equilibri criminali nel territorio provinciale e nella città di Siracusa rispecchiano la più generale tendenza, registrata nella Sicilia centro-orientale, di una coesistenza tra organizzazioni mafiose diverse”- scrive la Dia.
“Si ritrovano, quindi, nell’abitato del capoluogo sia la storica organizzazione dei BOTTARO-ATTANASIO – priva allo stato attuale del gruppo URSO, il cui esponente di vertice, detenuto, si è da tempo distaccato dal sodalizio – sia quella di SANTA PANAGIA. I BOTTARO-ATTANASIO hanno stabili rapporti con il clan etneo dei CAPPELLO, mentre i SANTA PANAGIA rappresentano una costola dei NARDO-APARO-TRIGILA, compagine egemone in tutta la provincia aretusea, con precise suddivisioni territoriali, a sua volta vicina ai SANTAPAOLA di Cosa nostra catanese.
Nel semestre in esame, tra le attività di contrasto effettuate dalle Forze di polizia, si richiama la cattura di un pregiudicato appartenente al clan BOTTARO-ATTANASIO, già ricercato dopo essersi dato alla fuga durante una precedente perquisizione domiciliare. È necessario segnalare che, poco dopo il suo arresto, una persona vicina al pregiudicato ha subìto un atto di vandalismo. Atti di vandalismo sono stati condotti anche nei confronti di un parente di un collaboratore di giustizia, già affiliato al clan BOTTARO-ATTANASIO.
Per quanto riguarda il sodalizio dei SANTA PANAGIA, il cui elemento di vertice risulta essere stato coinvolto in episodi di natura estorsiva, si conferma, uno stato di equilibrio, per la gestione degli affari criminali, con le altre consorterie operanti sullo stesso territorio.
Con riferimento alle organizzazioni insediate nella provincia, rimane inalterata la posizione delle consorterie, che vede il territorio aretuseo suddiviso in diverse zone di influenza. La zona nord della provincia, ed in particolare i comuni di Lentini, Carlentini, Francofonte ed Augusta risentono della pressione della famiglia NARDO,
il cui boss storico è attualmente sottoposto al regime detentivo speciale e che anche di recente è stata colpita da
arresti di affiliati.
La zona sud, riferita agli abitati di Noto, Avola, Pachino, Rosolini ed altri, è da tempo sotto il dominio dei TRIGILA, il cui sodalizio è stato sensibilmente colpito, nel semestre in esame, sotto il profilo patrimoniale. In primo luogo, si richiama un sequestro che ha riguardato terreni, fabbricati, tra i quali una villa residenziale, rapporti bancari, alcune imprese ed autovetture.
Di rilievo, poi, anche due confische di beni, per un valore totale di circa 1 milione di euro, eseguite dalla DIA,che hanno riguardato importanti esponenti della famiglia TRIGILA. La confisca consegue ad indagini che avevano accertato come, nonostante la detenzione del vertice, l’organizzazione continuasse ad essere diretta in modo unitario, evidenziando un “…contesto malavitoso di stampo mafioso a prevalente carattere familiare”. Le investigazioni hanno rivelato, infatti, come le attività criminali del sodalizio vedessero “…coinvolti familiari e soggetti legati da vincoli di affinità o di convivenza e/o familiarità con il……….capoclan, in un vorticoso accavallarsi di affari ed attività illecite e di reinvestimento dei relativi proventi nei settori economici più redditizi a carattere locale; attraverso tali attività estendendo e legalizzando la propria influenza e controllo sul tessuto economico commerciale della città di Noto e
dintorni. Attività … gestite e coordinate attraverso i loro familiari e/o prestanome, dagli stessi fratelli TRIGILA, nonostante i ricorrenti periodi di detenzione subiti e le attenzioni nei loro confronti rivolte dagli inquirenti”.
Nel comprensorio di Avola opera anche il gruppo dei CRAPULA, facente capo sempre ai TRIGILA. Il sodalizio, il cui boss risulta detenuto, è stato di recente al centro di episodi estorsivi ai danni di una ditta aggiudicataria dell’appalto per la raccolta differenziata dei rifiuti. È quanto emerso da un’attività investigativa iniziata due anni prima, a seguito di alcuni episodi di aggressione con colpi di fucile, esplosi all’interno di un cantiere edile. Altra articolazione dei TRIGILA è il sodalizio dei LINGUANTI, insediato nel territorio di Cassibile, frazione
posta a sud della città di Siracusa, dedito principalmente allo spaccio di stupefacenti ed alle estorsioni. Il gruppo criminale era stato duramente colpito da un’indagine nel 2013 ed il suo elemento di vertice è attualmente detenuto.  La zona pedemontana della provincia, ove ricadono i comuni di Floridia, Solarino e Sortino, risente invece dell’influenza criminale degli APARO, i cui esponenti di vertice, anche in questo caso, sono detenuti. Il territorio del comune di Pachino vede l’egemonia del clan GIULIANO, del quale sono stati accertati radicati
legami con i CAPPELLO di Catania.
Da quanto sopra esposto, è chiaro che anche per la provincia di Siracusa permane un particolare interesse della criminalità organizzata per il traffico di stupefacenti e per le estorsioni, settore appannaggio sia della criminalità organizzata che di quella comune. Sul fronte degli stupefacenti, anche nel semestre in esame si sono registrati numerosi sequestri.
Un interesse, in questo settore, che vede attivi personaggi (anche non direttamente collegati a consorterie mafiose) operare anche all’interno di gruppi più ampi, connessi con le province di Catania e Messina per l’acquisto, il trasporto e la cessione di cocaina e MDMA (ecstasy). È quanto emerso dall’operazione “Cafè Blanco”, che ha colpito un’organizzazione attiva in tutta la fascia orientale dell’Isola, in grado di importare gli stupefacenti dal sud America.
Per quanto riguarda la disponibilità di armi, oltre al già citato rinvenimento di pistole detenute da un pregiudicato affiliato al clan BOTTARO ATTANASIO, si segnalano altri ritrovamenti di armi, nella disponibilità di soggetti apparentemente non collegati ad organizzazioni mafiose, ma comunque espressione di una criminalità comune aggressiva.
Con riferimento alle pressioni esercitate, nel semestre in esame, dalle consorterie mafiose nei confronti di pubblici amministratori, si segnala un unico episodio, ossia l’incendio di un’autovettura di un funzionario pubblico.
Nel semestre in corso permane lo scioglimento del Comune di Pachino (SR), disposto dopo aver accertato gravi ingerenze della criminalità organizzata nel funzionamento dell’Ente. Si evidenzia, invece, che gli esiti dell’accesso presso il Comune di Avola, disposto nel maggio 2019 dal Prefetto di Siracusa per accertare eventuali episodi di cattiva gestione e di presenza di soggetti vicini alle locali consorterie mafiose, non ne hanno determinato lo scioglimento.

In ordine all’aggressione ai patrimoni illeciti, si richiamano i già citati provvedimenti di confisca beni eseguiti dalla DIA di Catania nei confronti di esponenti del sodalizio mafioso dei TRIGILA.
Il Prefetto di Siracusa, infine, ha emesso, anche a seguito delle istruttorie del Gruppo Interforze Antimafia, alcune interdittive antimafia nei confronti di società operanti in ambito sociale ed edilizio, nonché su imprese agricole interessate alla concessione di pascoli demaniali. In tutti i casi sono state accertate situazioni sintomatiche di rischi di condizionamento della criminalità organizzata, soprattutto per la vicinanza dei titolari alle consorterie locali e per le frequentazioni non occasionali con soggetti legati ad ambienti mafiosi”.

Per scaricare la relazione completa clicca qui

 

FONTE DELL’ARTICOLO: RELAZIONE SEMETRALE DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA

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