Il Giorno del ricordo e il dramma delle foibe per gli studenti: “Giustizia e verità o vendetta?”

Il Giorno del ricordo e il dramma delle foibe per gli studenti: “Giustizia e verità o vendetta?”

Dramma delle foibe, giustizia e verità o vendetta? Odio etnico e per le diversità o comprensione e rispetto? Quanto della libertà di opinione diventa critica e uccisione con le parole e si può equiparare a un processo sommario?  Luce su Vincenzo Serrentino: criminale o eroe?

A questa traccia hanno risposto gli studenti  dell’Istituto De Cillis, una riflessione frutto di ricerche attente che cercano di far luce su un periodo storico che mostra ancora  molte ombre. Sotto la guida dell’ insegnante, partendo dalla traccia, i ragazzi hanno lavorato singolarmente, andando oltre le retoriche di parte. Quella che pubblichiamo è la sintesi di due lavori, quelli di Rosario Buccheri  e Giuseppe  Giovanni  Paolo  Gennuso della IIIF, I.C. “E. De Cillis”, che riflettono le conclusioni  del gruppo classe.


Ogni anno, il 10 Febbraio, si celebra il giorno del ricordo, dedicato alle vittime delle foibe e a tutti gli esuli dalmati e istriani di origine italiana. Questi alla fine della seconda guerra mondiale, furono costretti, dal governo e dalle truppe jugoslave di Tito, ad abbandonare i loro averi e le loro case per assecondare un piano macabro di odio e sopraffazione. Al di là di ogni polemica e scontro ideologico, il giorno del ricordo ci aiuta a non lasciare che si perda nel dimenticatoio una pagina drammatica e oscura della storia contemporanea. È dunque necessario che le coscienze rimangano attente e vigili e che si continuino a raccontare, senza mai nascondersi dietro le parole, tutti quei fatti che per troppo tempo sono rimasti in silenzio, affinché si possano evitare gli errori del passato. Tra il maggio e il giugno del 1945, migliaia di italiani, collaborazionisti e militari della Repubblica di Salò, membri dei comitati di liberazione nazionale, partigiani combattenti, comunisti contrari a cessioni territoriali e comuni cittadini della Venezia Giulia, dell’Istria e della Dalmazia vennero deportati, processati con processi sommari, animati da vendetta e non da Giustizia e Verità e uccisi dall’esercito Jugoslavio del maresciallo Tito. Molti furono gettati nelle foibe che si trasformarono in grandi fosse comuni, tanti altri furono deportati nei campi della Slovenia e della Croazia, dove morirono di stenti e di malattie. Tutto ciò accadde, quindi,  a causa di un desiderio di vendetta nei confronti della politica di “Italianizzazione” della Slovenia e di una strategia politica che voleva colpire quanti si opponevano all’annessione delle terre contese(Friuli Venezia Giulia) dalla nuova Jugoslavia.

I governi Italiani avevano cercato di “Italianizzare” con la forza gli Slavi. Le violenze divennero sistematiche durante il fascismo: i giornali slavi vennero chiusi; le lingue slave vennero escluse dall’insegnamento delle scuole di stato; fu imposta l’italianizzazione dei cognomi slavi; addirittura le Squadre d’Azione fasciste minacciarono chiunque parlasse in sloveno o in croato. Tra  le vittime della persecuzione del governo jugoslavo, ricordiamo anche Vincenzo Serrentino, Prefetto di Zara che durante i bombardamenti alleati si era prodigato per aiutare la popolazione della città. Zaratino solo di adozione, in realtà era siciliano, nato a Rosolini in provincia di Siracusa, il 19 settembre 1897. Arrivato nella città dalmata a 22 anni, Serrentino fu subito accolto nella comunità italiana, nonostante la differenza di lingua e di cultura. Fu nominato Prefetto di Zara italiana il 2 novembre 1943. Nei terribili quaranta giorni dell’occupazione titina, anche Serrentino venne catturato e imprigionato. Dopo due anni di peregrinazione da un carcere all’altro della Jugoslavia, l’ultimo Prefetto di Zara italiana venne fucilato a Sebenico il 15 maggio 1947. Diversi e opposti i punti di vista su Serrentino. Infatti mentre la Jugoslavia si rivolgeva alla Commissione alleata per ottenere dall’Italia la consegna dei suoi «criminali di guerra» tra cui Serrentino, accusato di essere membro di una commissione che aveva condannato attraverso un “tribunale speciale” diversi partigiani titini, in Italia si pensava a lui come ad un martire. A Serrentino viene addirittura dedicato un libro intitolato “Vincenzo Serrentino. Una vita per la patria” scritto da Mario de’ Vidovich, fondatore dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia. L’istituzione della giornata del ricordo, in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo Giuliano dalmata è quindi qualcosa di più profondo degll’impegno politico nel recuperare una tragica pagina di storia del nostro paese.

Questa ricorrenza vuole rappresentare l’umana partecipazione al dolore di una comunità sopraffatta dalle atrocità di una violenza che lacerò famiglie intere nel nome di ideologie nazionalistiche e razziste di cui tutti i popoli europei pagarono il prezzo. A distanza di più di settant’anni, infatti,  nel dramma delle foibe, possiamo leggere chiaramente l’orrore di una pulizia etnica che indiscriminatamente mirava a colpire tutto ciò che era simbolo dell’italianità e che mirava a colpire tutti quelli che rifiutavano l’annessione balcanica senza distinguere tra fascisti e antifascisti. L’uccisione di persone, secondo noi, non può essere mai giustificata e ciò ancora meno se questo avviene senza un Giusto processo e senza avere la possibilità di difendersi. Essere un uomo delle istituzioni e prendere decisioni in tempi di guerra non è di certo una cosa facile, però, è anche vero che ogni uomo e, soprattutto un uomo che ricopre cariche istituzionali non dovrebbe mai macchiarsi di crimini contro l’umanità. Così come Vincenzo Serrentino avrebbe avuto diritto ad un giusto processo, anche i partigiani Jugoslavi condannati a morte dal tribunale di cui era Serrentino componente avrebbero avuto lo stesso diritto. Il tribunale, in particolare comminò 35 condanne a morte seguite subito, dopo processi lampo e anche sommari. Interrogato dagli Jugoslavi nel periodo di detenzione dopo la guerra, Serrentino affermò che le condanne a morte erano già state decise prima dell’inizio del processo dal presidente Magaldi, che aveva approntato una lista con una crocetta blu accanto ai nomi degli imputati da fucilare. Serrentino aggiunse che in questi processi  si sarebbe opposto per iscritto alla condanna, a causa del non raggiungimento della prova della colpevolezza; di queste opposizioni, asserite da Serrentino, non v’è però alcuna prova documentale.

Ciascuno di noi, alla luce di quanto detto finora, ha il l’obbligo morale di superare qualsiasi forma di reticenza su questa tragedia e proprio per questo,  il dramma delle foibe, non può e non deve essere dimenticato, ma anzi deve essere un monito importante che ci aiuti a costruire il nostro cammino futuro come Italiani ed Europei, per recuperare dal passato un valore universale che ci porti a costruire la via della pace, della collaborazione sociale, della giustizia, della ricerca della verità e della libertà da ogni pregiudizio.

Vorremmo non solo Ricordare le vittime italiane, ma anche chiedere Perdono per le violenze commesse dagli Italiani nei confronti delle popolazioni slave e delle ex colonie in Africa. Vorremmo anche ricordare che ognuno di noi commette violenza ogni volta che emette giudizi e critiche dovute ai nostri pregiudizi.

Rosario Buccheri  e Giuseppe  Giovanni  Paolo  Gennuso di IIIF, I.C. “E. De Cillis”

CATEGORIE
TAGS
Share This

COMMENTS

Wordpress (0)
Disqus ( )