L’Approfondimento: “Codice Antimafia – Le interdittive del 34 bis – La bonifica dell’azienda”

L’Approfondimento: “Codice Antimafia – Le interdittive del 34 bis – La bonifica dell’azienda”

Approfondimento a cura dell’ amministratore giudiziario antimafia Carmelo Blancato (INAG- Sicilia)

Dai lavori della Commissione parlamentare in tema di antimafia si evince una spinta per alcune tematiche sulle quali gli operatori del settore attendono risposte.

I lavori, conclusisi ad Agosto, sono stati presentati alle Camere nel mese di Settembre .

Uno dei temi più caldi è, certamente, il controllo giudiziario, misura meno ablativa rispetto al sequestro, il cui ideatore è il magnifico Prof. Costantino Visconti, già componente della commissione Fiandaca che ha riformulato il Codice nel 2017 con la Legge 161.

La formula di questo Istituto, dice Visconti, nasce dall’idea che l’imprenditore possa chiedere aiuto allo Stato per bonificare la propria azienda, demandando al Tribunale della prevenzione la decisione del controllo giudiziario.

Rispetto al sequestro ex art. 34 questo Istituto non prevede lo spossessamento dell’azienda, ma una vigilanza prescrittiva effettuata da un commissario (amministratore giudiziario) nominato dal Tribunale, al quale viene affidato il compito di monitorare dall’interno l’azienda al fine di verificare l’adempimento di una serie di obblighi di “compliance” imposti dall’autorità giudiziaria.

Questo istituto trova applicazione quando vi sia il sospetto che l’attività di impresa possa subire il condizionamento di infiltrazioni mafiose.

Rispetto alla formulazione iniziale, nel testo della Legge 161/17, venne introdotta la possibilità di ricorso al Tar e questo ha causato, fin dalle prime applicazioni, un cortocircuito giudiziario fra organi giudiziari ed amministrativi. 

L’azienda, difatti, che fino a quel momento ha operato liberamente sul mercato, a fronte dell’interdittiva ha 2 possibilità: O consegnarsi alla gestione condivisa con l’amministrazione giudiziaria o attendere gli esiti del ricorso amministrativo, non escludendo, però, nel contempo misure più ablative ex art. 34.

Pertanto questo Istituto non può essere considerato lo strumento di una macchinazione volontaria dell’imprenditore volto ad aggirare i rigori della legge e a sospendere gli effetti dell’interdittiva, restando compito del Tribunale valutare se questo passaggio possa essere efficace per bonificare l’azienda.

L’Azienda, quindi, ha una “chance” di continuità produttiva al costo di una “ingerenza statale” nella gestione.

Pertanto, il controllo giudiziario può scardinare “l’area grigia”, cioè quel fascio di rapporti di contiguità, cooperazione attiva e passiva che i mafiosi riescono a generare nei loro affari e stemperare o annullare i complessi rapporti tra economia lecita, illecita e organizzazioni criminali.

Conclude Visconti, nella sua audizione alla Camera, evidenziando, con rammarico, che in questi 4 anni in Sicilia non risulta essere stata fatta alcuna richiesta di controllo giudiziario, mentre in Lombardia vi sono state diverse richieste, forse pensando che tale Istituto sia nato per le imprese medio-grandi, ma certamente non è questo lo spirito dell’Istituto, il cui rodaggio iniziale ha subìto diverse pause di riflessione.

 

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