Fuori la politica dalla sanità, approfondimento a cura dell’economista Carmelo Blancato

Fuori la politica dalla sanità, approfondimento a cura dell’economista Carmelo Blancato

APPROFONDIMENTO A CURA DI CARMELO BLANCATO (ECONOMISTA SANITARIO)

Dott. Carmelo Blancato

Si tratta di un argomento costantemente evitato dalla classe politica!

È evidente che esso rappresenta il miglior serbatoio di voti dei partiti, in quanto la spartizione del denaro pubblico viene perpetrata in nome di una sanità “eccellente” alla quale viene garantito un flusso di denaro che rappresenta il 60-70% dei bilanci regionali. Aver visto la puntata dell’Arena del 2 maggio rende chiaro ed esplicito l’argomento posto in essere.

Un’incredibile serie di scandali ha recentemente richiamato l’attenzione degli Italiani sulla sanità.

Episodi di malasanità, terapie intensive improvvisate, incriminazioni a catena, arresti, mazzette multimilionarie, faccendieri, imprenditori, politici collusi hanno dato agli Italiani la sensazione che qualcosa non va nella sanità (basti pensare ai 120.000 decessi per Covid e le Azioni risarcitorie che seguiranno).
A fronte di queste notizie i cittadini vedono Ospedali in affanno, lunghe liste d’attesa, ticket esosi, servizi sanitari disuniformi e spesso poco efficienti. La famigerata sanità lombarda in default!

Cosa sta succedendo? È presto detto: la politica è troppo presente nella sanità.

Come è noto la sanità, con le modifiche del titolo V della Costituzione, è divenuta competenza pressoché esclusiva delle Regioni; alcuni politici regionali non hanno tardato a capire che si trattava di un piatto ricco di cui ci si poteva servire. Badate bene: la sanità costituisce oltre il 70% del bilancio regionale e la spesa complessiva per la sanità italiana si aggira sui 118 miliardi di Euro l’anno. L’impianto di potere che la politica ha messo a punto è semplice: la Giunta Regionale nomina i Direttori Generali delle ASL e degli Ospedali pubblici tra persone “amiche” e queste, a loro volta, assumono personale “amico” e assegnano commesse agli “amici”. Una catena di poteri che si rafforza ulteriormente se si considera che la stessa Giunta Regionale accredita gli erogatori privati di servizi sanitari ovvero decide chi di loro deve essere ammesso a fornire servizi sanitari per la Regione a spese di quest’ultima. La Regione quindi ha tutti i poteri: decide a chi dare i soldi, decide quanti  e gestisce con personale “amico” una larga parte delle strutture sanitarie.
Questa enorme rete di poteri non corre nemmeno il rischio di interferenze esterne, giacché le Regioni non sono assoggettate in pratica a controlli stringenti sul loro operato, ad eccezione di alcune verifiche sui bilanci da parte del Ministero del Tesoro e della Corte dei Conti. È quindi facilmente comprensibile che in questa autonomia la politica regionale trovi ampi spazi di libertà legali ed illegali.

Quali le Soluzioni ?

  1. L’autonomia regionale va meglio definita. Le Regioni dovrebbero rispettare le leggi quadro del potere centrale onde evitare che le disparità tra area ed area del Paese continuino ad essere troppo marcate e a creare disparità di trattamento lesive dei diritti dei cittadini. In particolare esse dovrebbero rispettare standard di quantità, qualità e costo dei servizi sanitari erogati, stabiliti e controllati dallo Stato centrale attraverso un ente terzo indipendente, che dovrebbe anche rendere pubblici e comprensibili i dati e le eventuali azioni correttive suggerite;
  2. Le Regioni hanno il compito di accreditare e finanziare quegli erogatori di servizi sanitari (ospedali, ASL, ambulatori, ecc.) che rispondono a determinati criteri di qualità ed efficienza (definiti da un ente terzo permanente ed indipendente, che verifica questi requisiti nel tempo), nel numero necessario a soddisfare le esigenze sanitarie della popolazione; numero che non sia insufficiente, ma nemmeno troppo elevato giacchè è noto che in sanità l’eccesso di offerta condiziona e determina un eccesso di domanda e di spesa;
  3. Le Regioni non devono entrare nella gestione quotidiana e spicciola dei servizi sanitari, che deve essere compito di tecnici esperti del settore, iscritti ad Albi nazionali dopo esami di competenza e valutazione dei titoli. Questi tecnici inoltre devono rispondere del loro operato e devono essere premiati o penalizzati in base ai risultati conseguiti;
  4. Gli amministratori delle ASL e delle Aziende Ospedaliere non sono i padroni delle Aziende stesse, ma solo il supporto organizzativo e gestionale del personale sanitario, che è l’unico interlocutore dei malati e che, in questa veste, va valorizzato, motivato e rispettato, non emarginato come ora accade, spesso senza essere nemmeno consultato sulle scelte sanitarie (organizzazione dei servizi, scelta del personale, scelta dei farmaci, dei presidi medico-chirurgici, dei reagenti, ecc.) oggi effettuate dalle Amministrazioni aziendali;
  5. Le Aziende sanitarie hanno il compito primario di accogliere e curare i malati e questa loro missione non va sacrificata sull’altare dell’economicismo e dei tagli lineari. È con la buona organizzazione e gestione, con l’aggiornamento e la motivazione del personale, con la qualità e la trasparenza, con il taglio degli sprechi che si può risparmiare in sanità, ma soprattutto con la estromissione della politica che di questi sprechi è causa preminente.
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